I boschi sacri

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Il miglior luogo dove praticare il culto della Dea Madre, come ben sappiamo è il bosco, dove la natura esplode in tutta la sua bellezza, e la strega può rilassarsi e praticare i suoi riti protetta dagli alberi e dagli spiriti della natura, questa pratica però negli anni si è un po’ persa prediligendo posti chiusi, dove non si corrono rischi di fanatici, e dove puoi praticare senza occhi indiscreti.

In tempi antichi però il culto veniva svolto esclusivamente all’aria aperte di conseguenza, in quasi tutte le grandi civiltà d’Europa, vi erano numerosi boschi sacri. Ad esempio il bosco sacro di Nemi, chiamato Nemus Dianae, o più semplicemente Nemus. Il termine latino Nemus, come l’omonimo greco nemos, sottintende una foresta nella quale sono compresi dei pascoli e delle radure, vale a dire un bosco sacro. Nemesi era anche il nome in cui veniva chiamata Adrastea, una divinità degli alberi, ninfa del frassino e nutrice del sommo Zeus.

Per i Celti,invece il bosco sacro era il nemetom, termine che deriva senza alcun dubbio dalla radice nemus, più genericamente il nemeton era il tempio druidico in mezzo alla foresta, e lì i sacerdoti, i druidi, celebravano le loro cerimonie. Di uno di questi templi naturali, posto nelle vicinanze di Marsiglia, possediamo una descrizione della Farsaglia di Lucano che possiede una intensità emotiva senza eguali.

I primi distruttori delle foreste sacre, al contrario di quanto si pensa, non furono i missionari cristiani, ma bensì i romani, che pure avendo dei luoghi propri per celebrare i loro rituali si appropriarono dei boschi sacri. Certamente, con l’avvento del cristianesimo le antiche foreste sacre vennero “esorcizzate” costruendovi attorno monasteri e disboscandole in parte nel tentativo di distruggere le antiche credenze legate al culto degli alberi. Questo però fu un procedimento lento, dato che i boschi erano numerosi ed estesi per tutta la Gallia, la Germania, la Polonia e la Russia.

I Capitolari del ‘789 cercarono di far scomparire il culto della Dea Madre e i suoi boschi sacri, denunciando tutta quella gente “pazza” che andava ad accendere candele e praticava superstizioni di ogni sorta accanto ad alberi, a pietre e a fonti sorgive”, ma fu tutto inutile, il popolino continuava a recarsi in questi luoghi e a fare offerte agli spiriti arborei. Vista l’inefficacia delle proibizioni e degli editti ecclesiastici che condannavano tali usanze la chiesa pensò bene di appropriarsi di quei luoghi cristianizzandoli. Così, antichi alberi sacri, invece di essere abbattuti, venivano consacrati alla Madonna e ai santi, magari costruendovi piccoli santuari o nicchie votive e, nel medesimo tempo, le divinità della natura diventavano demoni o spiriti maligni. I vecchi riti vennero dismessi, il ricordo degli antichi Dèi della natura perdurò a lungo nelle coscienze degli uomini, poi piano piano si dissolse e i potenti Signori del Pantheon pagano decaddero al ruolo di semplici folletti e spiritelli maliziosi destinati ad entrare nella leggenda e nel folklore popolare, semplicemente si ritirarono da un universo umano profanato e violato. Poi venne l’Inquisizione con i suoi roghi e sulle sacre foreste scese il silenzio e l’oscurità.

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