Dizionario dell’esoterismo – dalla Esa alla Esc

di Gianni Commenta

Esateuco: Termine di derivazione greca avente il significato di sei libri, indicante i sei libri dell’Antico Testamento che sono considerati come una compilazione unica, ovvero Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio e Giosué.

Esaugurazione: Termine dal significato contrario a quello di inaugurazione come cerimonia di consacrazione, indicante la cerimonia pagana di sconsacrazione di un tempio sacro. Nella Roma antica le Vestali, completato il trentennale del loro ministero, con l’Esaugurazioni potevano ritornare alla vita civile ed anche sposarsi. Anche i sacerdoti potevano ricorrere all’Esaugurazione per tornare allo stato laico.

Escatologia: definisce la parte della teologia sistematica e dogmatica che tratta delle realtà ultime: morte, giudizio universale, cielo, inferno, fine del mondo. In senso filosofico più generale, riguarda quella parte della riflessione relativa al fine ed al destino dell’uomo. I primitivi concepirono la vita ultraterrena come una prosecuzione ombrosa di quella terrena, con le stesse occupazioni e distinzioni sociali. L’aldilà era collocato su un’isola, nelle viscere d’una montagna o del sottosuolo, nelle stelle del cielo. Pene particolari erano previste per infrazioni rituali o tribali.

Per Assiri e Babilonesi l’ombra dell’uomo (edimmu) dopo la morte va nell’arallu, dove regnano Nergal e Erishkigal. L’antico Egitto è tutto pervaso dell’idea della vita ultraterrena: l’anima (ka) giunge nel regno di Amenti sulla barca solare, superando ostacoli e pericoli grazie all’aiuto di speciali formulari (Libro dei morti); Osiride con altri 42 giudici costringono l’anima a confessare i peccati che vengono pesati sulla bilancia; le anime buone vanno ai “campi di Ye’lew”, quelle malvage al castigo.

Nell’antica Grecia le anime dei morti erano pallide ombre (Iliade, Odissea) e risiedevano nell’Ade; solo il sangue delle vittime sacrificali ridava loro una parvenza di vita. Nell’antica Roma, ad una primitiva credenza nell’Orco con le divinità sotterranee Mania, Larenta e Vediovis, subentrò poi una fede nella sopravvivenza dell’anima, di origine platonica. In India comunemente si credeva che, spentosi l’alito vitale (asu), l’anima (manas) si recasse nel regno di Yama, il primo uomo.

La metempsicosi si diffuse solo in epoca brahmantica. La Cina confuciana, che onora lo spirito degli antenati, non ammette una vita dopo la morte, come pure il Giappone shintoista. Il cristianesimo fin dai primi secoli instaurò una visione escatologica dogmatica: morte, giudizio, inferno (Marco 9, 48), paradiso, detti i quattro novissimi, oltre al purgatorio (I Corinti 3, 15). Subito dopo la morte ogni singola anima è sottoposta ad un giudizio particolare (Ecclesiaste 11, 28 II Corinti 5, 10; Ebrei 9, 27) che la destina all’inferno, al purgatorio od al paradiso. Alla fine dei tempi anche il corpo (resurrezione della carne) raggiungerà l’anima per godere o soffrire con lei. L’Escatologia si svolge secondo la seguente sequenza: segni premonitori, fine del mondo, resurrezione dei defunti, giudizio finale, avvento del regno di Dio, nascita di un mondo nuovo (II Pietro 3, 13, Romani 8, 19; Apocalisse 91, 1).

L’E. islamica deriva da quella ebraico-cristiana (Corano 101, 3, 4). Dopo la morte, due angeli (Munkar e Nakir) interrogano il defunto. Elemento di origine mazdeica è il ponte Sirat, superato il quale il defunto raggiunge il paradiso di Allah. L’inferno (Corano 89, 243; 15, 44) è invece preparato per gli infedeli (eterno) e per i cattivi maomettani (per un tempo limitato).

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