I vari modi di pregare degli Shintoisti

di Redazione Commenta

Le religioni orientali sono per noi occidentali un qualcosa di mistico e misterioso, un pensiero davvero molto lontano dal nostro che a volte non ben comprendiamo. Nei nostri vecchi articoli abbiamo cercato di spiegare a grandi linee lo Shintoismo, religione principale del Giappone, abbiamo visto le divinità principali che la compongono, e alcune loro pratiche. Oggi vedremo in quale modo essi pregano i loro Dei.


I kitō, conosciute anche con il nome di kinen, kigan o kisei, sono delle particolari invocazioni fatte di parole magico-religiose che i devoti rivolgono ai kami (divinità) per ottenere un favore divino o la loro protezione. Anticamente venivano fatte queste invocazioni accompagnate dalle “heihaku” offerte, nei templi, per richiedere la sicurezza, il bel tempo o un raccolto abbondante.

Tali invocazioni erano le origini dello Shintoismo quando ancora il Buddhismo non era entrato a far parte del Giappone; dopodiché altre preghiere si sono integrate, come lo shikitō e lo shikigan che derivano dai riti dello onmyō harai, la purificazione yin-yang, che venivano dapprima tenuti dai praticanti dello onmyōdo, nel periodo Heian e che dopo nel tardo periodo Heian furono assegnati agli okitōshi. Ad oggi sono gli shinshoku, i sacerdoti shintoisti a condurre i rituali shikitō e shikigan che possono avere diversi scopi, dalla riabilitazione da una malattia alla prosperità della propria discendenza.

Popolari sono anche le invocazioni rituali che vengono eseguiti dai singoli individui, senza c he si abbia alcun bisogno dell’intervento da parte di un sacerdote shinto, tra queste ci sono lo ohyakudo mōde (i 100 pellegrinaggi, il senja fuda (il pellegrinaggio dei 1000 templi) e il sanrō (la reclusione temporanea in un tempio, per fare un’invocazione).

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