I sogni, parte della realtà per gli antichi cinesi e i buddisti – II

di Gianni 1

Quando Yasoda vide l’universo intero nella bocca di Krishna si spaventò tanto che si chiese  se tutto fosse un sogno o un’illusione fabbricata da Dio, o ancora un’allucinazione della sua mente.

Qual era la sua vera esistenza?, si chiedeva, quella che viveva, o quella che vedeva? Questo problema del sogno dentro la vita o della vita dentro un sogno non è stato preso in considerazione solo dai pensatori orientali, ma anche dagli antichi filosofi greci.

Ad esempio nel Teeteto di Platone, Socrate domanda che prova si potrebbe addurre per dimostare a qualcuno che ci chiede se siamo svegli oppure dormiamo. Nel dialogo Teeteto ammette che potrebbero star sognando entrambi e Socrate afferma che si può persino discutere su questo.

Persino Carl Jung, discepolo di Sigmund Freud si è trovato almeno una volta nella condizione di chidersi se stesse sognando oppure vivendo la realtà. Si vedeva camminare in una stradicciola in collina verso una cappella e all’interno vedeva uno yogi in posizione di meditazione.

Guardandolo meglio Jung poi si accorse che stava osservando se stesso. A quel punto pensò che era l’altro a meditare e lui a essere nel sogno. Però non in tutte le culture è così e si cerca di capire la differenza tra sogno e realtà. Per esempio c’è il caso del capo africano che aveva sognato di fare un viaggio in Inghilterra e in Portogallo e quando si svegliò si vestì all’occidentale e le persone lo trattarono come se ci fosse stato davvero.

Anche altre tribù in Nuova Guinea e in Africa Occidentale mettono i sogni sullo stesso piano della realtà. Popolazioni del Guatemala hanno la convinzione che durante la notte l’anima lasci il corpo dormiente e le azioni che compie vengano registrate come sogni. In pratica mentre il copro dorme, l’anima vagabonda e ciò che viene ritenuto un sogno è perchè le persone non capiscono oppure non sanno di questi viaggi fuori dal corpo e non sanno così spiegarsi perchè “vedono” certe cose (continua).

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