L’accettazione della morte: racconto buddista, II PARTE

di Redazione Commenta

Niente c’è di più bello che leggere un storia fantasiosa ai nostri bambini per farli addormentare e nel fare ciò insegnare ai nostri piccoli qualcosa di buono: come la bontà, la generosità, il valore dell’amicizia o dell’amore, o ancora il senso di giustizia e sacrificio. I saggi buddisti attuano lo stesso metodo per insegnare ai loro discepoli l’importanza di qualcosa, moltissimi infatti sono i racconti narrati nel sutra dei Nirvana. Oggi continueremo il racconto sull‘accettazione della morte.

[…] “Si guardò intorno, ma non vide nessuno tranne un orribile mostro. Il suo aspetto era terrificante, i capelli erano come delle fiamme, i denti sporgevano dalla bocca come spade e i suoi occhi fissavano ferocemente Sessen Doji. Vedendolo, il giovane si fece coraggio e gli chiese: «Hai pronunciato tu quelle parole?». Il mostro rispose: «Non parlarmi! Non mangio nulla da vari giorni, sono affamato, esausto, sono fuori di me. Avrò detto qualche stupidaggine, ma nel mio intontimento non so nemmeno io cosa ho detto». «Ti prego – disse il giovane – finisci quello che volevi dire. Per me udire metà di un verso è come vedere solo metà della luna o ottenere mezzo gioiello». Rispose il mostro: «Io ora sto morendo di fame e non ho la forza di parlare. Non dirmi più niente!».
Il giovane propose: «Potresti insegnarmelo se avessi qualcosa da mangiare?». Il mostro rispose di sì. Esultante di gioia il giovane chiese: «Cosa vorresti mangiare?». «Non me lo chiedere – urlò il mostro – se te lo dicessi, sicuramente rimarresti terrorizzato. Inoltre tu non potresti darmelo».
Ma il giovane insistette ancora: «Dimmi cosa vuoi, e io cercherò di procurartelo».
Il mostro rispose: «Io mangio soltanto carne umana».

Sessen Doji disse: «Non preoccuparti. Il tuo cibo è qui, non devi cercarlo altrove. Ti prego di insegnarmi l’altro verso e io ti offrirò il mio corpo». Il mostro si infuriò e chiese: «Chi potrebbe credere che tu dici la verità? Dopo aver udito il verso, chi mi garantisce che non scapperai?».
Sessen Doji rispose: «Questo mio corpo alla fine deve morire: lo dono con gioia per sapere la verità. È come scambiare sassi con oro. Chiamo a testimoni tutti gli dèi e tutti i Budda dell’universo: non potrei ingannarti».
A queste parole il mostro si persuase e disse: «Se quel che dici è vero, ti insegnerò il verso». Felicissimo, Sessen Doji si inchinò, giunse le mani e con profondo e sincero rispetto si preparò ad ascoltare.
Il mostro parlò: «Soltanto vincendo la paura della morte si può essere veramente felici».
Appena udite queste parole Sessen Doji provò una gioia senza limiti. Per ricordarle anche nelle vite successive, le ripeté più volte incidendole profondamente nel suo cuore. Poi scrisse questi versi sulle pietre, sulla superficie delle rocce, sugli alberi lungo la strada, sperando che altre persone li leggessero e comprendessero la verità.
Quindi salì su un albero e si gettò davanti al mostro per farsi mangiare. Ma prima che toccasse il suolo, il mostro riprese istantaneamente l’aspetto del dio Taishaku, afferrò al volo il suo corpo, lo depose delicatamente a terra e inchinandosi rispettosamente disse: «Per mettere alla prova il tuo coraggio e il tuo desiderio di scoprire la verità io ho taciuto per un poco un sacro insegnamento del Buddismo e ho fatto soffrire un giovane saggio e buono. Ti prego di perdonarmi».
Tutti gli esseri celesti si adunarono e lodarono Sessen Doji: «Ben fatto, ben fatto!».
Avendo avuto il coraggio di donare il suo corpo per ascoltare la verità, Sessen Doji visse felice e senza paura per secoli e secoli.”

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