Molti pagani- wiccan conosceranno già questa storia, molto famosa nella religione Wicca, che narra della Dea che scende negli inferi, o meglio nel mondo sotterraneo, per salvare il suo amato, ma forse non sanno da dove essa provenga davvero. Questo racconto infatti è davvero molto antico risalente all’età dei Babilonesi, quindi stiamo parlando di 2000- 3000 a.C anni fa. La leggenda spiegherebbe il perché dell’alternarsi delle stagioni sulla terra e quindi il perpetuo ciclo della vita. I protagonisti di questa storia sono la Dea Ishtar, per i Sumeri Inanna, che viene identificata come la Venere per i romani, quindi dea dell’amore, della bellezza, della fecondità, Grande Madre della terra e del cielo, dea anche della guerra, e Tammuz/Dumuzi il suo amato, dio-pastore della vegetazione, bello e luminoso come il sole. Questa storia venne poi assimilata dai Gregi con il mito di Persefone dea degli inferi e di Afrodite che piange il lutto per il suo Adone.
Veniamo ora al vero e proprio racconto;
Ishtar decide di scendere nel regni degli inferi, secondo alcuni per conoscere i segreti della sorella Ereshkigal (dea degli Inferi) secondo altri per rincorrere il suo amato, che morì cadendo da una rupe, ma la prima versione è quella più sensata.
Prima della partenza, però, si accorda con la sua ancella Ninshbur, che se entro tre giorni e tre notti lei non fosse tornata, avrebbe avuto il compito di avvisare gli Dei per soccorrerla e avrebbe dovuto dare avvio a grandi celebrazioni funebri.
Fatto ciò la Dea parte per il suo grande e arduo viaggio, giunta alle porte dell’Ade, splendidamente abbigliata e ornata dalle insegne regali, viene fermata dal custode Neti, il quale, non potendo permetterle di accedere alla presenza di Ereshkigal cosi vestita, le fa togliere la maggior parte dei suoi ornamenti. Ishtar avanza e ad ogni porta lascia qualcosa, le porte che attraversa sono sette, e alla fine arriva completamente nuda dinnanzi alla sorella.
Ereshkigal non è per niente contenta della presenza di Ishtar, la insulta e la guarda con il suo sguardo mortale , la dea Ishtar incomincia, cosi, pian piano a perdere la sua vitalità finanche muore, e rimane per tre giorni e tre notti appesa ad un gancio per essiccare. Tutto questo crea una crisi cosmica, il mondo appassisce e muore proprio come la sua Dea.
Non vedendola tornare, l’ancella, chiama soccorsi, il dio Enki corre in suo aiuto, e crea due creature, il Kurgarra e il Galatur, e le invia negli inferi con cibo e acqua per rianimare Ishtar. Ma le regole dell’aldilà sono rigide e non permettono che un vivo vi risiede ne tanto meno che qualcuno possa lasciare il regno senza che un altro individuo prenda il suo posto.
Questo però non ferma Ishtar, che rianimata dalle due creature, incomincia a risalire dal regno degli inferi, combattendo con tutti gli spiriti che la sorella gli lancia.
Giunta ad Uruk, la sua città, la dea trova il suo sposo Tammuz seduto sul trono, che approfittandone della sua assenza aveva preso il potere, accecata dall’ira per tanta presunzione, Ishtar ordina che Tammuz vada a sostituirla nel regno degl’inferi,
In un’altra versione del mito, Tammuz avrebbe accettato di sua spontanea volontà la morte per salvare la sua amata sposa. In entrambi i casi, tuttavia, Tammuz non subisce una morte definitiva grazie all’intervento di sua sorella Gestinanna. Quest’ultima infatti, riesce a convincere Ereshkigal a trattenere il fratello solo per sei mesi all’anno, facendolo ritornare sulla terra gli altri sei.
Questo mito viene solitamente interpretato come la rappresentazione della ciclicità delle stagioni. Tammuz, dio della vegetazione, passa sei mesi sulla terra insieme ad Ishtar (stagione della rinascita) e sei mesi con Ereshkigal (letargo invernale). Gestinanna per alcuni è sempre Ishtar amante, madre e sorella di Tammuz.