Giacomo Leopardi e l’Inno a Nettuno, V PARTE

di Redazione Commenta

Oggi proseguiremo con la quinta parte dell’Inno dedicato a Nettuno. Un Inno molto bello scoperto da Giacomo Leopardi, e pubblicato nel Maggio 1817 grazie al suo amico editore Giordani. Dell’autore dell’inno ancora oggi non si sa nulla, rimane ignoto, e molti ipotesi si sono fatte su di lui.

Che la terra circondi, alti-sonante,
Gravi-fremente. I boschi su le cime
De le montagne crollansi, e le mura
De le cilladi popolose, e i templi
Ondeggiano perfino, allor che scuoti
Tu col tridente flebile la terra,
E gran fracasso s’ode e molto pianto
Per ogni strada. Nè mortale ardisce
Immoto starsi; ma per tema a tutti
Si sciolgon le ginocchia, e a l’are tue
Corre ciascun, t’indirizza preghi, e molte
Allor s’offrono a te vittime grate.
Salve, o gran figlio di Saturno. Il tuo
Luncente cocchio è in Ega, nel profondo
Del romoroso pelago: Vulcano
Tel fabbricò: diluvia opra ammiranda.
Ha le ruote di bronzo, ed il timone
D’argento, e d’oro tutto è ricoperto
L’incorruttibil seggio. Allor che poni
Tu sotto il giugo i tuoi cavalli, e volano
Essi pel mare indomito, fendendo
I biancheggianti flutti, e sui lor colli
Disperge il vento gli ayrei crini; intorno
A te che siedi e il gran tridente rechi
Ne le divine mani, uscite fuori
De le case-d’argento a galla tutte
Le guanci-belle figlie di Nereo
Vengono tosto, e innanzi a te s’abbassa
L’onda e l’apre la via; né l’alza il vento:
Chè tu del mar l’impero in sorte avesti.
Ma qual potrò chiamarli, o del tridente
Agitatore? Altri Eliconio, e altri
T’appella Suniarato. A Sparta detto
Sei Natalizio, ed Ippodromio a Tebe,
In Atene Eretteo. Chiamanti Elate
Molti altri, e molti di Trezenio o d’Istmio
Ti danno il nome. I Tessali Petreo
Diconti, ed altri Onchestio, ed altri pure”…

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