La poetessa Saffo

di Gianni Commenta

Oggi voglio parlarvi di Saffo, la più famosa e amata fra le poetesse, Saffo la bella, che da secoli bisbiglia soavi e antiche armonie.

Saffo nacque ad Ereso, nell’isola di Lesbo, da Cleis e Scamandronimo intorno all’anno 640 a.C, aveva tre fratelli Larico, Erigio e Carasso. Dopo un periodo passato in Sicilia con la famiglia a causa dell’esilio, riuscì in seguito tornare in patria, a Mitilene, dove fondò il tìaso (indica un gruppo legato ad una Divinità, ed in genere i tìasi erano dedicati a Dioniso, e le donne che ne facevano parte erano dette Menadi, Tiadi, Baccanti, Lenee. Il sodalizio di Saffo agiva sotto la protezione della voluttuosa Afrodite e del suo corteo) , un gruppo destinato ad istruire le fanciulle (alcune studentesse erano Archianassa, Arignota, Attis, Dica, Eirana, Girinno, Megara, Tenesippa e Mica) di agiata condizione alle arti, alle buone maniere e al ruolo femminile che le donne greche erano costrette e interpretare.

Secondo alcune fonti Saffo si unì in matrimonio con Cercila di Andro, ma sicuramente è una notizia fittizia, in quanto Cercila viene da kerkos “pene”, e andros significa “uomo”, nel corso degli anni ebbe anche una figlia, che chiamò Cleis.

Soavi danzano fanciulle,
intonando cori fioriti. Dika è in mezzo a loro,
ed Arignota, e Gongila bella,
v’è Cleis con la mitra scarlatta.
I loro passi sono legati
dalle morbide braccia intrecciate.

Soavi le voci sui freschi prati di Lesbo;
di serti di rose, di cipero e di aneto,
ai capelli è amabile ornamento.
Coronata di viole, Saffo,
dolcemente sorride fra le Fanciulle,
illustre poetessa, Donna pienamente.

Soave guida il tìaso, il girotondo delle figlie,
sorelle ed amanti dilette;
ella guida i loro passi sulle strade nascoste
di Eros e delle dive di Pieria.
Vieni Alma Dea,
come già per Lei facesti,
e narra della tua Cantrice

Il poeta Anacreonte, vissuto dopo Saffo accreditò la tesi che la poetessa nutrisse per le fanciulle un amore omosessuale, una pratica normale peraltro in un contesto storico e sociale in cui vigevano una stretta separazione dei sessi e la visione della donna quasi unicamente come fattrice di figli e signora del governo domestico.

Ecco l’inno ad Afrodite di Saffo:

Afrodite eterna, in variopinto soglio,
Di Zeus fìglia, artefice d’inganni,
O Augusta, il cor deh tu mi serba spoglio,
Di noie e affanni.

E traggi or quà, se mai pietosa un giorno,
Tutto a’ miei prieghi il favor tuo donato,
Dal paterno venisti almo soggiorno,
Al cocchio aurato

Giugnendo il giogo. I passer lievi, belli
Te guidavano intorno al fosco suolo
Battendo i vanni spesseggianti, snelli
Tra l’aria e il polo,

Ma giunser ratti: tu di riso ornata
Poi la faccia immortal, qual soffra assalto
Di guai mi chiedi, e perché te, beata,
Chiami io dall’alto.

Qual cosa io voglio più che fatta sia
Al forsennato mio core, qual caggìa
Novello amor ne’ miei lacci: chi, o mia
Saffo, ti oltraggia?

S’ei fugge, ben ti seguirà tra poco,
Doni farà, s’egli or ricusa i tuoi,
E s’ei non t’ama, il vedrai tosto in foco,
Se ancor nol vuoi.

Vienne pur ora, e sciogli a me la vita
D’ogni aspra cura, e quanto io ti domando
Che a me compiuto sia compi, e m’aita
meco pugnando. »

fonte

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