La vera storia di Dracula, principe di Valacchia – parte I

di Gianni Commenta

Per milioni di persone il nome Dracula evoca il famoso vampiro, il Conte Dracula, personaggio romanzesco, cadavere durante il giorno e assassino succhiasangue di notte.  Comparve nel 1897 nell’romanzo dell’orrore di Bram Stoker. Questo immortale proagonista della toria si ispira al vero Dracula, vissuto in Transilvania molti secoli prima.

Il vero Dracula nacque nel 1430 a Sighisoara in Transilvania. Era il secondogenito del principe Vlad II di Valacchia e in seguito succedette al padre con il nome di Vlad III. Suo padre era chiamato Dracul, “il diavolo” forse perchè temibile guerriero o forse perchè era membro di un’organizzazione cattolica, gli “Ordini del Drago”, simbolo del diavolo.

Vlad III venne chiamato Dracula, ossia figlio di Dracul. Dracula era un feroce guerriero, ma era devoto a chi più gli interessava, cambiava quindi spesso bandiera e non si capiva mai se ci si poteva fidare di lui o meno. Governò e perse Malacchia in tre occasioni. La Valacchia era un principato della Romania Meridionale che comprendeva anche parte della Transilvania.

Fu durante il suo secondo regno che cominciò a diffondersi la sua fama di uomo crudele. Torturava e faceva uccidere i suoi avversari politici, molto peggio di quanto facesse chiunque altro a quei tempi. Era il suo sadismo soprattutto a preoccupare. Secondo quanto si racconta fece scuoiare e impalare su delle lance un gruppo di turchi con i quali si era incontrato per stabilire una tregua.

Uccise in questo modo anche suoi sudditi e commercianti ritenuti spie e fece bruciare circa quattrocenti studenti stanieri in Valacchia per studiarne i costumi e le tradizioni. Aveva creato delle orribili torture per far soffrire le vittime ancor più di quanto succedesse normalmente in quel tipo di morte.

Curava persino l’aspetto ornamentale di queste orribili esecuzioni per diletto e piacere. Era un uomo sadico e crudele. Faceva tagliare pezzi di corpo durante e prima l’impalamento e provava piacere nel guardare le persone soffrire. (continua)

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