I sogni, parte della realtà per gli antichi cinesi e i buddisti – I

di Gianni Commenta

Li Yuan Chou era un professore dell’Accademia Imperiale fiorita  tra il XII e il XIII secolo e sosteneva che gli stati di veglia e di sonno coesistono nello stesso individuo. Ci doveva essere quindi un “punto di contatto” tra i due.

Secondo il professore però ognuno dei due stati, sonno e veglia, rappresneta un mondo a sé ed è tanto reale quanto falso e questo perchè durante la veglia la persona non è consapevole del sogno e durante il sogno non è consapevole della veglia.

Il sogno è destinato a svanire al risveglio, così come la realtà è destianta a svanire nel sonno. L’antica letteratura cinese è densa di riferimenti ai sogni e alla relazione di questi con la realtà. I buddisti consideravano i sogni  parte integrante della realtà.

Lian Chi Ba Shi, scrisse che “secondo un antico detto vivere in questo mondo è come fare un lungo sogno. Ed è scritto: quando guardiamo il mondo è come se guardassimo a quanto accade nel sogno”.

Un altro personaggio, lo scrittore Feng Meng long, vissuto nel XVI secolo, affrontò la relazione tra sogno e realtà in maniera più “terrena”: confondendo nei suoi racconti sogno e realtà, illusione e realtà che trova terreno fertile nei miti Indù.

Il racconto di Krishna, una delle incarnazione del dio Vishnu, e di Yasoda (la sua madre terra) può chiarire il concetto. La narrazione inizia con la madre Yasoda che sgrida il figlio accusandolo di aver mangiato della terra. Lui si difende dicendo che non è vero. Sono solo bugie raccontate da ragazzini. Anche lui ha l’aspetto di un ragazzino e la madre lo esorta ad aprire la bocca per controllare. Quando però Krishna la apre lei si ritrova ad osservare l’universo intero, gli angoli più remoti del cielo, le montagne e gli oceani, compreso il suo villaggio e se stessa. (continua…)

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