Callaway e i viaggi extracorporei – parte III

di Gianni Commenta

I viaggi che, secondo Callaway, avvenivano attraverso l’uscita del corpo attraverso il corpo astrale, che in pratica era lui in quanto spirito. L’uomo affermò di aver appreso grazie ai suoi esperimenti in merito, e alle ricerche, un metodo per elevarsi a livelli superiori di esistenza, ma allo stesso tempo si diceva spaventato da un viaggio che sembrava portarlo ai limiti dello spazio.

Callaway spiegò anche di aver trovato un metodo per lasciare il corpo attraverso quella che chiamava “porta pineale“, quindi attraverso l’utilizzo della ghiandola pineale che si trova all’interno del cervello e che alcuni ritengono la dimora dell’anima.

Questa è stata da molti ritenuta il compnente essenziale per le esperienze extracorporee. Con i suoi viaggi Hugh Callaway andò molto lontano, fino ad una città orientale che poi descrisse in modo estremamente chiaro e nitido, ma anche in un tempio tibetano dove si ritrovò in una stanza buia legato e torturato da uomini incappucciati che gli imponevano di rinunciare alla sua vera identità.

Callaway descrisse sempre i suoi viaggi in modo molto accurato e suggerì anche metodi e tecnicvhe per indurre i fenomeni paranormali e ad avere un “sogno cosciente” che venne poi definito come il momento in cui si fa dormire il corpo, ma si resta svegli con la mente.

Spiegò anche come uscire attraverso la valvola pineale, però ci tenne anche a precisare che non era possibilità di tutti compiere questi viaggi astrali e sconsigliava decisamente di uscire dal corpo a chi avesse problemi di cuore, o fosse nervoso e ansioso.

I resoconti di Hugh Callaway apparvero su una rivista negli anni Venti del secolo scorso e nel 1938 pubblicò un libro con lo pseudonimo di Oliver Fox, ma a quel punto sulla scena era già da un pò arrivato un giovane americano, Sylvan Joseph Muldoon di cui vi parleremo presto.

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